Si è svolto un nuovo appuntamento digitale promosso da CIVES – Laboratorio di formazione al bene comune, nell’ambito del ciclo di iniziative Cives in dialogo, sul tema:“Quale futuro per l’impegno dei cattolici in politica?”. All’iniziativa hanno preso parte Padre Giacomo Costa, gesuita e Direttore della rivista “Aggiornamenti sociali”; Giancarlo Infante di Politica Insieme; Edoardo Patriarca, Presidente nazionale A.N.L.A. ed Ernesto Preziosi, Presidente dell’Associazione Argomenti 2000. Nell’introduzione Ettore Rossi, coordinatore del Laboratorio Cives, ha sottolineato che “la domanda che ci siamo posti, riguardo l’impegno dei cattolici in politica, è ormai antica ma siamo arrivati ad un punto rispetto al quale è necessario trovare risposte che consentano al pensiero cristianamente ispirato di trovare spazio, attraverso forme organizzate, nelle decisioni politiche. Si dice che questo sia il tempo dei laici ma esiste una proposta per trasformare il nostro paese? Probabilmente i cattolici debbono ripartire dai territori, dall’esperienza municipale in cui si incrociano i problemi concreti delle persone e si può costruire un sistema relazionale generativo”. In un video messaggio, Padre Giacomo Costa ha offerto il suo contributo alla discussione riflettendo sul “mutato contesto in cui ci poniamo la domanda relativa alla presenza dei cattolici in politica: uno scenario in cui non si può non accettare che la democrazia si è trasformata in maniera profonda tramite alcuni temi cardine come la questione della post verità e del mondo digitale oppure il rapporto con il mondo dei giovani rispetto ai quali bisogna trovare dei canali di comunicazione efficaci. Altro tema importante è quello della leadership e del legame sociale rispetto al quale anche Papa Francesco ci porta ad interrogarci. Le questioni che ci interpellano sono tante e ci interrogano anche rispetto al modo di fare politica e a come controbilanciare la frammentazione del mondo cattolico. Ma piuttosto che parlare del ruolo dei cattolici nel fare politica forse sarebbe più interessante parlare di più ruoli dei cattolici, facendoli interagire anche e non solo all’interno delle comunità cristiane”.
Giancarlo Infante, in seguito ha aggiunto che “l’associazione Politica Insieme cerca di rispondere ai temi sollevati da Padre Costa provando a riconoscere che su tutta una serie di temi i cattolici possono portare un contributo per la crescita del paese. Noi però non abbiamo in mente di unire i cattolici in quanto tali. I nostri riferimenti sono la Costituzione Italiana e la Dottrina Sociale della Chiesa tenendo presente un metodo tradizionale di convergenza di chi la pensa allo stesso modo, un modello digitale oggi necessario. Oggi dobbiamo soprattutto dare una risposta a tutti quei soggetti, singoli o collettivi, che dopo venticinque anni, con un sistema bipolare, sono stati completamente afoni e senza voce nel dibattito politico. Sentiamo di far parte di quella parte del mondo cattolico che non ha né voce né rappresentanza. Ci sentiamo alternativi sia alla destra che alla sinistra che hanno fatto emergere problemi che hanno a che fare con l’assetto istituzionale, con la qualità della proposta politica, con il sistema della scuola in profonda crisi, con il sistema sanitario che riceve costanti attacchi e anche con il problema legato alla giustizia. Riteniamo opportuno che sia dia vita ad una convergenza di un certo mondo ispirato cristianamente. Siamo per dare vita ad un partito che non sia integralista, che non sia autoreferenziale, che si ponga il problema degasperiano della coalizione, che non può che trovare una validità su tre punti fondamentali: autonomia, capacità programmatica e volti nuovi”. “Questo tema ci accompagna da decenni” ha esordito Patriarca che poi ha aggiunto “non so se sia vero che i cattolici non ci siano in politica: penso al Presidente della Repubblica Mattarella, penso alla Presidente della Corte Costituzionale Cartabia ma anche a Matteo Renzi, a Graziano Delrio e a tanti altri. Il punto è riflettere su quali frutti queste presenze hanno portato. Penso che ci siano delle urgenze che vadano affrontate presto: il patrimonio culturale che fa parte dell’esperienza dei cattolici, ad esempio, lo avverto come profondamente attuale rispetto ai temi del lavoro, della sussidiarietà, del municipalismo, dell’impresa socialmente responsabile.
La prima sfida che sento urgente è quella formativa nella misura in cui alcuni asset di una certa cultura possono diventare comuni. Immagino anche una formazione in cui si possano far fare esperienze concrete in cui i principi trovino una pratica consolidata. Altro tema decisivo è legata al fatto che spesso nelle nostre comunità la vocazione politica non viene molto riconosciuta.
Se vogliamo ricostruire un percorso del fare politica è indispensabile che ci siano persone che si dedichino a costruire reti e sistemi, a connettere le buone pratiche. Per creare un movimento occorre dedizione e pazienza e non so quanti oggi siano disposti a questo lavoro che, almeno inizialmente, non porta frutti. Proviamo a misurarci sui territori per chiamare all’appello le vocazioni politiche di tanti giovani che vanno coinvolti in cose concrete”.
Ernesto Preziosi ha detto: “Parto da una domanda: perché un cristiano dovrebbe interessarsi di politica? È un interrogativo decisivo che lega l’impegno politico dei credenti con il battesimo: diventare figli di Dio, fratelli tra noi. E quella fraternità comporta direttamente un impegno per il bene comune. Facoltativa può essere la candidatura, ma l’interessarsi alle questioni pubbliche appartiene a tutti i cattolici.
La fase storica ecclesiale da cui veniamo ha creato nelle comunità cristiane la tendenza a non parlare di politica perché tema divisivo, questo problema continuiamo a portarcelo dietro, tagliando un forte flusso di partecipazione e creando il presupposto sia nell’alto astensionismo che nel voto di protesta, che non rispecchia i valori della dottrina sociale della Chiesa.
Parlare di politica non è diviso e parlare di politica per i credenti vuol dire proporre un percorso di vita cristiana autentica ed integrale. Il cristiano che non si interessa di politica risulta, infatti, anche un debole credente che non riesce ad incarnare la sua fede nella storia.
Dunque, se per i cristiani è obbligatorio l’impegno politico e comporta non solo un’esperienza forte di cittadinanza ma anche di fede adulta e consapevole, è anche vero che tale esperienza va mediata nella storia di ogni momento, dobbiamo quindi interrogarci su questa realtà. Il tema è, perciò, legato al come i credenti sono in grado di mettere in campo proposte politiche che creino una visione per la gente di oggi che la possa portare nel domani, che possa dare speranza. In sostanza, esprimerci rispetto a cosa pensiamo della realtà. Il tema è essere pronti.
Credo che ci voglia “l’obbligatorietà” della politica tramite una comunità cristiana che debba riscoprire la vocazione di base dei credenti: occorre riprendere la dottrina sociale e riscoprire una cultura sociale sui grandi temi, proponendo una progettualità. Infine è indispensabile riscoprire la credibilità e la responsabilità personale delle persone attraverso le quali diventare portatori di idee e aggregatori di consenso”.